di Chiara Bazzanella su l’Arena di Verona del 29 aprile 2012
Una fucina di fotografie e ritratti. E, fino a 16 anni fa, punto di riferimento e passaggio obbligato non solo per i veronesi, ma anche per numerosi volti celebri che amavano frequentarlo. Lo studio di fotografia Tommasoli, all’angolo tra via San Nicolò e via Anfiteatro, è chiuso da tempo. Ma adesso, a ricordare i due fratelli Filippo e Fausto che si distinsero per la particolarità tecnica e grande personalità dei ritratti scattati, è stata inaugurata ieri una targa nei giardini di piazza San Nicolò.
«Dobbiamo dare risalto a chi ha fatto grande la nostra Verona anche a livello internazionale», ha dichiarato l’assessore ai Servizi demografici Daniele Polato. «E ricordare con segni tangibili chi resterà per sempre nella memoria cittadina, il più possibile vicino ai luoghi in cui ha vissuto e lavorato».
Nomi, quelli di Filippo e Fausto, ben noti al consigliere di prima circoscrizione Giorgio Bertani che ancora sogna di ritrovarsi tra le mani qualche scatto che i due fratelli gli fecero ai tempi delle sue contestazioni pubbliche. «Conoscevo bene i due fotografi», commenta. «Erano grandi amanti degli alberi e un giardino è il luogo migliore in cui ricordarli».
Una targa che è stata piazzata a due passi dallo studio di un tempo grazie all’impulso non solo dell’associazione culturale Quinta Parete, ma anche di figli e nipoti dei due Tommasoli che, dopo la cerimonia, hanno proseguito il pomeriggio con un convegno alla Banca Popolare per conversare sulla fotografia, a partire dalla storia di Filippo e Fausto Tommasoli.
«Ho lavorato con mio padre per 15 anni», dice il figlio di Filippo, Sirio Tommasoli, unico della famiglia a portare avanti la passione per la fotografia. «Mi ha insegnato tutto, anche se adesso i tempi, dopo l’arrivo del digitale, sono molto cambiati». Niente più ritratti, per la discendenza Tommasoli, che adesso coltiva i rapporti solo con le imprese. «Ho trasferito lo studio in via Macello 16 anni fa, con la speranza che l’amministrazione di quel tempo accogliesse la proposta di dedicare quegli spazi alla vita teatrale e a un museo per la fotografia. Ma hanno preferito piazzarci una pizzeria e un deposito bagagli e, dovendo seguire lo studio da solo, e allo stesso tempo viaggiare spesso fuori Verona, ho dovuto fare delle scelte ed escludere i rapporti con i privati».
Ma quella fotografia che è re- stata immutata per oltre 150 anni non viene certo dimenticata. E anzi, si trasforma anche in uno spunto per guardare la città scaligera con occhi diversi. «Dobbiamo domandarci come vediamo la città, con quale sguardo e privilegiando quali particolari», è intervenuto don Marco Campedelli, parroco di San Nicolò, benedicendo la nuova targa posizionata nei giardini. «È fondamentale saper riconoscere e individuare chi rimane invisibile e marginale alla nostra vista, e trasformare la testimonianza dei due fotografi in uno spunto concreto perché la città apra gli occhi in tutte le direzioni».