Quinta Parete

Noi tra di voi

10^ Rassegna Nazionale degli Intarsiatori Lignei

Si terrà dall’11 maggio al 29 novembre 2024 presso l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore ad Asciano, Siena la 10^ Rassegna Nazionale degli intarsiatori lignei italiani. L’evento, organizzato dall’Associazione Culturale Quinta Parete di Verona, è curato da Federico Martinelli e vede il patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Asciano e della provincia di Siena.

Diciotto intarsiatori (Carlo Alfarano, Arturo Biasato, Alberto Bernardi, Marcello Buccolieri, Carletto Cantoni, Sereno Cordani, Bruno De Pellegrin, Nino Gambino, Lino Giussani, Francesco Lazzar, Giuseppe Mazo, Massimo Milli, Duilio Negroni, Carlo Nicoletti, Daniele Parasecolo, Fabio Tamburi, Aldo Tomelleri, Pino Valenti) prendono parte a questa edizione confermando sempre più l’idea di far diventare questa fucina culturale ed espositiva un progetto continuativo con la necessità di consolidare quest’arte nella sua proiezione moderna e contemporanea.

Il progetto Rassegna Nazionale nasce su impulso dell’intarsiatore Francesco Lazzar che, a partire dal 2016, ha iniziato a contattare Maestri intarsiatori contemporanei sparsi su tutto il territorio al fine di riflettere sugli echi di tarsia dal Novecento al Duemila. Ne è nata una collaborazione tra lo stesso Lazzar, Quinta Parete e Federico Martinelli, quest’ultimo impegnato poi ad estendere l’interesse espositivo non solo ai Maestri ma anche agli allievi e agli emergenti, ampliando così la finalità della mostra e l’intento divulgativo della tarsia, forma d’arte ancor oggi troppo spesso accostata a cliché che non le sono propri. Il desiderio è di sdoganare l’accostamento di quest’arte al solo artigianato: le opere esposte sono pezzi unici dall’alto valore artistico.

Come sottolinea Martinelli:

 

Accanto alle forme e alle immagini più classiche – ricordiamo i celebri lavori di fra Giovanni da Verona che hanno ispirato molti degli artisti intarsiatori contemporanei – nel corso dei secoli, e in particolare nel Novecento, si è assistito a un vero e proprio avvicinamento di quest’arte alla raffigurazione e alla rappresentazione iconografica delle Avanguardie. L’intarsio è anche questo: è racconto libero, energico, vitale…! Troviamo, accanto a vedute classiche di solidi, paesaggi, soggetti sacri e nature morte, immagini e linee oblique, diagonali e ossimori prospettici. Troviamo, eccellente, il desiderio di raccontare tanto l’esperienza del passato quanto lo slancio del futuro.

Così dopo le esposizioni presso Castello di Desenzano, Palazzo Crepadona (Belluno), Enaip Factory (Cantù), Sala degli Alabardieri (Cremona), Palazzo della Gran Guardia (Padova), Sala Birolli (Verona), Sala delle Pietre (Todi), MuTa – Museo della Tarsia (Sorrento) e Torre Mirana (Trento), l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore si appresta a ospitare il progetto.

Martinelli:

Questa edizione è un punto di arrivo che mai avrei immaginato. Ogni nuova esposizione, in queste numerose edizioni, ha portato nel gruppo nuovi intarsiatori e ha permesso di entrare in contatto con il ricco patrimonio storico culturale di ogni città ospitante.

 

Monte Oliveto Maggiore è però il luogo dove è nato l’ordine benedettino degli olivetani, un monastero del 1300 dalla storia e dal fascino unico. Qui, sul finire del 1400, si è formato fra Giovanni da Verona, tra i massimi intarsiatori del Rinascimento, monaco dal profondo valore spirituale e artistico. Nelle stanze che compongono la struttura hanno lavorato i migliori artisti del periodo: lo stesso fra Giovanni, con l’imponente coro ligneo e l’armadio della Biblioteca, il suo allievo fra Raffaello da Brescia con il leggio porta corale, Luca Signorelli e il Sodoma, con il ciclo di affreschi dedicato alle “Storie di San Benedetto”. Essere qui è un sogno inaspettato, un’emozione e una responsabilità che ci rende onore e ci rende grati nei confronti degli appartenenti alla congregazione olivetana.

 

La Rassegna è anche un omaggio ad alcuni intarsiatori che ci hanno lasciato ma che, attraverso le nostre esposizioni, restano testimoni della traccia che hanno lasciato: Sereno Cordani, Bruno de Pellegrin, Aldo Tomelleri, maestri indiscussi del proprio tempo.

La necessità di dare un segnale e una nuova spinta al progetto ha mosso l’entusiasmo dei partecipanti che, per questa occasione, ognuno con il proprio stile, ha reso omaggio, attraverso la tarsia, alle storie affrescate dedicate a San Benedetto, creando un ideale ponte tra il Rinascimento e il 2024.

La mostra si articola tra gli spazi del Chiostro, con gli omaggi a Signorelli e Sodoma, e nella Sala del Gran Duca con una selezione di altri soggetti a tarsia tra i più rappresentativi di ognuno di loro.

Gli echi contemporanei suggeriti da vedute audaci e distorte, dalla scomposizione della forma e dal trionfo energico del movimento, dimostrano che l’arte dell’intarsio, grazie ai nostri protagonisti, è stata in grado di rinnovarsi sia nella tecnica che nella raffigurazione dei soggetti allo stesso modo di come accade in pittura, scultura, incisione e fotografia.

 

 Partner dell’evento, dalla prima edizione, è Tabu – colors of wood che, accanto agli organizzatori, con il sostegno al progetto, ne ha permesso la realizzazione.

In occasione dell’inaugurazione, l’11 maggio alle 16:00, saranno presenti, oltre al curatore Federico Martinelli, alcuni dei maestri intarsiatori.

L’esposizione è aperta dalle 9.30 alle 12.40 (ultimo accesso 12.20) e dalle 14.30 alle 18.00 (ultimo accesso alle 17.40).

 

L’intarsio. L’arte silenziosa che profuma di bosco

Quando cammini in un bosco la cosa più bella è il silenzio. Anche quando non sei solo, immerso in un mondo che profuma di legno, di foglie, di arbusti e di piante, ci sei solo tu. Ci sei solo tu, in quell’immensa quiete che solo la montagna sa suggerire in tutta la sua maestosità. Passeggiando incontri qualcuno, lo saluti ma poi prosegui, cercando di mantenere il ritmo il più possibile costante, cercando di respirare silenziosamente per sentire solo il rumore dell’aria tra le fronde degli alberi. A interrompere il silenzio è la Natura: ruscelli, animali che animano il sottobosco o semplicemente una pigna che cade. Ci sei sempre solo tu, che cammini, che calpesti, che schiacciando i rami a terra crei un suono leggero e fragile, un piacevole crepitio.

Dal bosco e col bosco per ritrovare sé stessi, per essere in pace e pensare al bello, al giusto o semplicemente per cercare di carpire l’immensità della Natura.

Tutto intorno è arte, l’arte più bella che c’è: quella dell’Universo che è rimasto incontaminato e intatto… che, come per un istinto di supremazia, è riuscito a conservarsi, vincendo sulla mano distruttrice dell’uomo. La passeggiata in questo scrigno richiede ritmo assopito e levigato da ogni frenesia… tempo! Anche la tarsia richiede tempo. Tempo e pazienza! Richiede lo stesso silenzio che è proprio di chi vuole compiere una passeggiata “vera”. È un sentimento magico quello che guida gli intarsiatori dalle origini – che parrebbero risalire all’Impero Romano, anche se la fioritura avvenne dal Trecento d.C. in poi – a oggi. Nulla, o quasi, è cambiato da allora. La tecnica è sempre quella: sono migliorati gli strumenti di taglio e levigazione ma la materia prima e l’abilità sono le medesime di allora.

Chissà chi è stato il primo a creare un intarsio… Possiamo stabilire storiograficamente quando questa arte sia nata e quando si sia diffusa ma non possiamo, con certezza, sapere chi sia stato il primo a realizzare un’opera a tarsia in legno. Credo faccia piacere a tutti pensare che questo impulso creativo sia nato in un bosco, con un piccolo ramo calpestato, frammento che possa aver ispirato l’autore a trasformarlo in arte: dall’arte della natura a quella artigiana. Non ci sono tempere grasse, oli, acrilici, smalti, acquerelli o altri colori. C’è semplicemente il legno con le sue peculiarità, le sue venature, le sue colorazioni che diventa strumento per l’altra esigenza dell’arte: testimoniare il quotidiano.

Nell’immaginario collettivo la tarsia lignea, oltre che per mobili e oggetti d’arredo (pur sempre opere d’arte), è utilizzata per la raffigurazione di nature morte e soggetti sacri. Nulla di più sbagliato! Il nutrito gruppo di artisti che impreziosiscono questa mostra ne è testimonianza. Selezionati tra i più significativi della penisola, gli intarsiatori raccontano un mondo di sacro, nature morte, imponenti grattacieli, strade trafficate da veicoli, fulmini che squarciano il cielo, strumenti musicali tradizionali e moderni che sembrano danzare al ritmo di sinfonie ora classiche e ora rock. E ancora, ritratti di artisti, intricate battaglie, affannanti vedute di città (anche con l’accostamento di tasselli in legno gli artisti riescono a rendere l’effetto di una città che si riflette in un fiume… e questo è magia!). Ci sono anche straordinari astratti: vortici di colore, geometrie dissolte e ricomposte, grovigli che sembrano essere codici informatici immaginariamente disgregati.

Se la figurazione, in arte, anche per questioni storiografiche, ha avuto maggiori consensi (non di rado si sente ancora dire davanti a un astratto “saprei farlo anche io”), davanti a una tarsia astratta il valore della composizione, dell’impianto, dei bilanciamenti e del colore – che sia accostato in maniera armonica o meno – è enfatizzato. Nell’intarsio figurativo, come in quello astratto, scompare l’immediatezza, scompare il gesto, scompare l’impeto del momento, il “colpo d’arte” tutto si traduce in un movimento minuzioso, in un desiderio che è necessità di estendere i secondi in minuti, ore, giorni e mesi.

Quel pezzo di legno, pur essiccato, nelle mani dell’artista, attraverso il lavoro dello scalpello, riconduce agli odori e ai profumi del bosco, rimanda l’artista a quell’armonia primordiale della Natura.

Ecco che la passeggiata che vi propongo è un tuffo nel mondo dell’arte: un tripudio di stili, di soggetti, di figurazioni, accostamenti di sensibilità che raccontano noi stessi. Mi piace immaginare che la compiate in silenzio, come quando siete in un bosco, come quando un intarsiatore, con un piccolo strumento, inizia a dar vita a tutto questo.

Federico Martinelli

Curatore della mostra


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Noi tra di Voi!

Abbiamo abbattuto la “nostra” quarta parete: non vogliamo nessun tipo di barriera impenetrabile tra il pubblico e il proscenio sul quale ci muoviamo. Così, a definire il confine culturale tra noi e il mondo del teatro – di tutto il teatro, ma anche del più ampio settore della cultura – immaginiamo solo una quinta parete. La parete che non c’è! Quella parete che limita la nascita di nuovi progetti, di nuove idee, di nuovi slanci…quella parete che limita la comunicazione e la diffusione degli eventi nel tessuto della città. Proprio come in un teatro antico, aperto a tutti e da ogni lato, un teatro con un palcoscenico circolare dove gli spettatori possano essere ancora più vicine agli attori, agli autori… agli artisti . E noi tra di loro, a promuovere e organizzare eventi che arricchiscano lo spazio culturale della città, a creare opportunità per artisti e nuovi talenti per esibirsi, per far valere la loro arte. E noi tra di Voi con un gruppo di esperti e appassionati ma anche di giovani intraprendenti, perché l’arte e la cultura possano far parte della vita di tutti i giorni.


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